ORMONI E CORSA ADRENALINA E BETA ENDORFINE - EquipeRun
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ORMONI E CORSA
ADRENALINA E BETA ENDORFINE

ORMONI E CORSA
ADRENALINA E BETA ENDORFINE

ORMONI E CORSA – ADRENALINA E BETA ENDORFINE

La letteratura scientifica afferma che l’esercizio fisico è in grado di indurre profondi cambiamenti nell’attività del sistema neuroendocrino e metabolico.

Il primo meccanismo che si instaura in risposta ad uno stimolo allenante è l’attivazione della midollare surrenalica e del lobo posteriore dell’ipofisi. In questa fase, definita autonoma, si ha la liberazione di catecolamine, adrenalina, noradrenalina e vasopressina (ADH). Questa fase è provocata dall’attivazione del sistema nervoso simpatico ed avviene in pochi secondi. In maniera più lenta si realizza invece la risposta ormonale adenoipofisaria che si va ad inquadrare in una fase successiva definita metabolica.

Gli studi effettuati sull’attività cerebrale hanno evidenziato che i maratoneti, praticando un’attività di corsa a lunga distanza in maniera costante, possono subire dei cambiamenti funzionali del cervello. In questi soggetti è stato visto che gli impulsi nervosi di trasmissione del sistema visivo sono più veloci rispetto a soggetti sedentari. Tale affermazione è stata possibile grazie all’applicazione del “test della risposta visiva evocata” (VER-test). Il VER-test dimostra che nei maratoneti, in fase di riposo, gli impulsi elettrici raggiungono l’area occipitale circa 15 millesimi di secondo prima che nei soggetti di controllo. Ma non tutti gli impulsi nervosi aumentano, infatti i maratoneti presentano una attività di impulsi straordinariamente lenta del midollo allungato, cioè la parte del cervello che controlla le funzioni autonome (battito cardiaco, respiro, vasodilatazione).

Gli effetti della modificata attività cerebrale si riflettono anche sui livelli plasmatici di alcuni neurormoni (catecolamine ed endorfine) che cambiano durante la corsa di lunga distanza.

In effetti i livelli di catecolamine aumentano in maniera molto significativa durante una corsa molto lunga. In un esperimento eseguito durante la maratona di New York è stato dimostrato che i livelli di adrenalina e noradranalina aumentavano del 300% fino al 10° km e rimanevano su questi livelli fino al 30° km. Alla fine della gara i livelli di catecolamine raggiungevano il 600% rispetto ai valori di partenza (Fortunio, Moretti; 1985). La letteratura in materia afferma che i livelli di noradrenalina salgono gradualmente con l’aumentare dell’intensità del lavoro e divengono sproporzionatamente elevati per esercizi molto intensi, mentre l’adrenalina si innalza considerevolmente durante esercizi pesanti. L’allenamento di un maratoneta induce una serie di variazioni tali da rendere l’atleta meno eccitabile in seguito a sforzi fisici e quindi più adatto alla performance.

Il maratoneta è caratterizzato anche dalla presenza di elevati livelli di beta-endorfine, cioè un oppioide endogeno coinvolto nei meccanismi che regolano il comportamento e il controllo del dolore. Fra gli effetti sul comportamento ricordiamo l’influenza diretta sullo stato d’umore e sul meccanismo sonno/veglia. In particolare i maratoneti vengono definiti come “corridori obbligati”, in quando presentano una personalità abbastanza comune, cioè riescono a dominare il senso di fame, sopportare la fatica fisica e il dolore, si rifiutano di poter essere malati e hanno una tendenza all’instabilità emotiva. Questo porta loro, in caso di interruzione dell’allenamento per motivi da loro indipendenti, a quello che è stato definito da studiosi americani come la “sindrome da privazione di esercizio”. Infatti il maratoneta, in queste situazioni, mostra forti alterazioni di umore ed ha la tendenza alla depressione. Probabilmente gli elevati livelli di questo ormone sono una base biochimica che può spiegare il rallentamento dell’attività del midollo allungato che comporta un maggior controllo ed una riduzione della frequenza respiratoria e circolatoria e del meccanismo di vasodilatazione.

L’aspetto più caratteristico e sempre presente nella sindrome di adattamento è rappresentato dalla comparsa di una ipertrofia della corteccia surrenale. Questo è conseguente allo stress indotto dall’esercizio prolungato, che porta l’organismo ha reagire aumentando l’apporto di corticoidi, specie glicocorticoidi. Probabilmente l’aumento del fabbisogno da parte dell’organismo di corticoidi è l’elemento che stimola l’ipofisi ad una iperincrezione di ormone corticotropo con conseguente ipertrofia della corteccia surrenale. La risposta da parte della corteccia surrenale dopo un’attività fisica intensa è valutabile attraverso il dosaggio di cortisolo, del 18-idrossi-deossicorticosterone (18-OH-DOC), dell’aldosterone e del deidroepiandesterone solfato (DEA-S). In seguito all’esercizio fisico prolungato si nota un aumento di tutti i livelli plasmatici di questi ormoni. Uno dei più importanti è senz’altro il cortisolo che esercita importanti azioni sul metabolismo tra cui l’aumento della produzione di glucosio da materiale non carboidratico, attraverso il processo che viene definito “gluconeogenesi”. Questo ormone non soltanto accelera direttamente la quota epatica di neoglicogenesi, ma aumenta indirettamente la capacità biosintetica di questa via, favorendo così la sintesi di vari enzimi interessati a questo processo. Per riuscire a sostenere questa aumentata neoglicogenesi, il cortisolo stimola la demolizione delle proteine in aminoacidi soprattutto a livello della muscolatura scheletrica. La sua regolazione ed immissione in circolo viene regolata dall’ormone adrenocorticotropo (ACTH). Numerose sono le testimonianze sull’incremento di cortisolo in seguito all’attività svolta da un maratoneta, il presupposto di base è che gli esercizi siano svolti per una durata superiore ai 20 minuti e con un’intensità non inferiore al 60% della VO2 max (Fortunio, Moretti; 1985). Inoltre il massimo incremento si ha nei 30 minuti successivi al termine dello sforzo.

Un esercizio fisico condotto per lungo tempo produce anche un adattamento a livello degli ormoni tiroidei. Proprio lo studioso Refsum ha affermato, sulla base di esperimenti svolti in Norvegia, che in seguito ad una attività intensa di resistenza su lunga durata (maratona) si notavano significative variazioni nelle concentrazioni di triiodotironina (T3) e tiroxina (T4) ed il loro ritorno ai livelli basali si verificava solo dopo vari giorni di recupero. Questi due ormoni sono fondamentali per un corretto metabolismo ed una funzione cellulare normale e agiscono su tutte le cellule dell’organismo permettendo un corretto funzionamento del cervello, del sistema cardiovascolare, del muscolo, della sintesi proteica e del metabolismo glucidico e lipidico. L’aumento di questi ormoni si verifica in genere alla fine dell’esercizio fisico prolungato, probabilmente perché inizialmente esiste un consumo di T3 e T4 immagazzinati all’interno della ghiandola tiroide, senza però creare gli effetti tossici che vengono segnalati in caso di ipertiroidismo.

 

Buon allenamento.

 

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